Descrizione
“O” chiude una tetralogia sulla vocalità e lo fa aprendosi all’idea di un dispositivo.
Sette tracce sette che sono un unico corpo, ma ascoltabili separatamente: tutto, compreso il tema (ovvero la fine, la crisi ambientale, dell’Antropocene e la visione della terra senza più l’uomo..), è collegato da un continuo sottotesto e da leitmotiv.
Come il suono vocalico O, su più note, che attraversa l’intero disco (viaggio).
Le voci, che è una sola ma modulabile con mille tecniche, i campionamenti (scarti delle musiche di altri, ricombinati), una drum machine online.
Un’orchestra minimale, l’essenza e basta, che parte e finisce – chiude il cerchio – cantando l’Ossigeno, la distruzione dell’industria (alimentare), la morte per malattia degli esseri (singoli), la loro digitalizzazione.
Attraverso un linguaggio altro: statistico, scientifico, fonetico, medico, fumettistico, poetico.
Perché il canto è letteratura assoluta: la letteratura nasce dalla voce (esterna e interna) e finisce nella voce.
Che è preponderante anche nella scrittura e nella lettura.
In un momento storico nel quale la voce stessa, come i visi e i corpi fotografati, viene photoshoppata (umiliata) e pare solo un accessorio del microfono e dei software audio, “O” ribadisce il senso della vocalità (estesa).
Che è pittura sonora, comunicazione umana e tecnica.
Quest’ultima, la tecnica, viene confusa con il tecnicismo: eppure l’arte è tecnica (metafisica) e basta.
Persino la scaletta di “O” rappresenta qualcosa: un palindromo.
1 (La Caduta Del Cielo) e 7 (Congedo) sono prologo ed epilogo.
2 (CO2 a 1000) e 6 (Ematuria), brani con stanze differenti e variazioni ritmiche progressive.
3 (Fotosintesi) e 5 (La Canzone Dei Manos) vivono di un groove (tribale, danzereccio).
4 (O) è un frammento per musica concreta e voce.
“O” – in sintesi – è il primo disco immaginato per chi arriverà dopo – magari con un’astronave..