Maggio 29, 2011

ARTICOLO DI JAY MCINERNEY “BRIGHTS LIGHTS, BIG CITY INC.”

Ho sentito per la prima volta la parola Ā«yuppie Ā» nell’83, quando vivevoĀ Ā  nell’East Village. Allora dividevo un appartamento con il mio miglior amico,Ā Ā  scrivevo il primo romanzo e mi guadagnavo da vivere come lettore diĀ Ā  dattiloscritti a Random House. Mi stavo godendo una prima colazione aĀ Ā  mezzogiorno, da Veselka, sulla Second Avenue, ancora in predaĀ Ā  alla sbornia della notte prima (…). In precedenza, mi fermavo da Binibon, ma proprio sul marciapiede Jack Henry Abbott aveva pugnalato il cameriere-drammaturgo Richard Adan e dopo il fattaccio il locale era stato chiuso per mancanza di avventori.

Seduto accanto a me al bancone c’era un pittore, che viveva nel quartiere eĀ Ā  amava pavoneggiarsi con gli abiti schizzati di vernice, e a un tratto l’hoĀ Ā  sentito borbottare, Ā«Yuppie di merda Ā». Ho alzato lo sguardo e ho visto unaĀ Ā  giovane coppia elegante, ovviamente di buona famiglia, del tipo preppy perĀ Ā  intenderci, che aspettava che si liberasse un tavolo. I due ragazzi sembravanoĀ Ā  provenire dai quartieri alti dell’Upper East Side, pantaloni cachi e camicia diĀ Ā  cotone. Noi invece eravamo tutti uniformemente anticonformisti nei nostri jeansĀ Ā  neri, Ramones nere ai piedi e T-shirt con i logo delle TV.Ā Ā  (…) Questo Ā«yuppieĀ» mi suonava nuovo.

Pare che il termine sia apparso per la prima volta nel 1983, quandoĀ Ā  l’opinionista Bob Greene scrisse un articolo sull’ex leader yippie JerryĀ Ā  Rubin, che organizzava incontri sociali allo Studio 54. In quel giro, aĀ Ā  detta di Greene, c’era un tale che giurava che Rubin, da capo degli yippie, era diventato capo degli yuppies.Ā Ā  Il neologismo stava per Young Urban Professionals (giovani professionistiĀ Ā  metropolitani) e sarebbe passato alla storia come yup, se non fosse stato per Rubin.

Il termine yuppie suggeriva una certa traiettoria evolutiva – o involutiva –Ā Ā  rispetto a hippie e yippie. E vantava una storia avvincente: la duplice ironiaĀ Ā  del perditempo rivoluzionario che si trasforma in imprenditore e capitalistaĀ Ā  convinto; sullo sfondo, un’atmosfera fascinosa screziata di fatuo edonismo, perĀ Ā  non parlare dell’acronimo arguto, che descriveva a puntino una nuova minoranzaĀ Ā  immediatamente riconoscibile(…).

Il tono con cui si pronunciava la parola yuppie sulla East Fifth Street siĀ Ā  caricava progressivamente di odio e disprezzo man mano che i prezzi immobiliariĀ Ā  nell’East Village schizzavano verso l’alto. Nel corso di decenni di relativaĀ Ā  stabilitĆ , la zona era diventata il bastione degli immigrati dall’EuropaĀ Ā  orientale e dei giovani artisti. ƈ facile dimenticare, a distanza di tantoĀ Ā  tempo, che questa era anche una zona di guerra, dove scippi e stupri eranoĀ Ā  all’ordine del giorno e non facevano nemmeno più notizia.

Gli Hells Angels imperversavano sulla East Third Street, e al calar dellaĀ Ā  notte si andava a est della Second Avenue a proprio rischio e pericolo. IĀ Ā  poliziotti non ci mettevano piede. La East Tenth, oltre la Avenue A, era unĀ Ā  supermercato della droga, con spacciatori minorenni che sgattaiolavano dentro eĀ Ā  fuori da palazzi fatiscenti. In realtĆ , vasti settori della cittĆ  erano invasiĀ Ā  dalla sporcizia e in mano alla criminalitĆ . Persino il West Village era assaiĀ Ā  deprimente in confronto a oggi e a Times Square regnava uno squalloreĀ Ā  spettacolare. Andate a rivedere “Taxi driver” o “The French Connection” seĀ Ā  volete rivivere l’atmosfera di queste zone, allora ridotte a un desertoĀ Ā  urbano.

Ma non si trattava solo di estetica. A quei tempi New York era una cittĆ , nelĀ Ā  complesso, molto più provinciale di oggi, suddivisa a seconda dell’etnia e delĀ Ā  ceto sociale. A Little Italy abitavano in preponderanza gli italiani, mentreĀ Ā  l’East Village contava per lo più ucraini. I ricchi Wasp (bianchi anglosassoniĀ Ā  protestanti) vivevano invece nell’Upper East Side, a ovest della Third Avenue, eĀ Ā  Harlem, ovvio, era al 99 percento nera.

Molti bianchi avevano il terrore mortale di appisolarsi in metropolitana e diĀ Ā  svegliarsi in corrispondenza della 145a Strada. La classe media bianca defluivaĀ Ā  poco a poco dalla metropoli, dove imperversava la criminalitĆ  e l’eroinaĀ Ā  dilagava come un’epidemia (…). Questa era la Manhattan prima dell’arrivo degliĀ Ā  yuppies, una cittĆ , oserei dire, alla disperata ricerca di riscatto e diĀ Ā  rilancio (…).

REAGAN SPIANA LA STRADA AGLI YUPPIES
Il mondo artisticoĀ Ā  dell’East Village, inaugurato dall’apertura della Fun Gallery di PattiĀ Ā  Astor nel 1981, era giĆ  lanciato alla grande per la fine dell’83. LeĀ Ā  gallerie attiravano i clienti danarosi, ovviamente disprezzati proprio dagliĀ Ā  artisti dell’ambiente. Gli yuppies, appena identificati come tali, incarnaronoĀ Ā  subito la principale contraddizione del settore artistico, che oggi diamo quasiĀ Ā  per scontata: sono proprio gli esponenti della borghesia i consumatori finali diĀ Ā  tutto quello che l’arte produce al fine di Ć©pater la bourgeoisie. Basquiat certo non vendeva le sue tele da cinquantamila dollariĀ Ā  agli amici tossicodipendenti.

Sin dall’inizio, si percepiva una certa confusione soggetto/oggetto nelĀ Ā  concetto di yuppie, quasi una riflessione sul fenomeno, del tipo Ā«abbiamoĀ Ā  conosciuto il nemico ed ĆØ dentro di noiĀ». A parte gli occupanti abusivi delĀ Ā  centro cittĆ , era difficile talvolta trovare un abitante di Manhattan che nonĀ Ā  avesse adottato il nuovo stile di vita in qualche sua sfumatura. L’iscrizioneĀ Ā  alla palestra ti qualificava come yuppie? E sniffare cocaina? O mangiare pesceĀ Ā  crudo?

Quando ho sentito un agente cinematografico che scagliava sprezzanteĀ Ā  quell’epiteto contro un gruppo di banchieri all’Odeon, mi sono chiesto che fineĀ Ā  avessero fatto i classici oggetti di lancio, quali pentole e piatti.

A livello nazionale, il terreno era stato preparato dall’elezione di Ronald Reagan alla presidenza, l’ex attore con il sorrisoĀ Ā  Colgate accompagnato dall’imperiosa Nancy, sua moglie. LaĀ Ā  signora Reagan sborsò 25.000 dollari per il guardarobaĀ Ā  dell’inaugurazione, mentre per rinnovare gli arredi dell’appartamentoĀ Ā  presidenziale alla Casa Bianca non esitò a spendere 800.000 dollari. Pare che aĀ Ā  quei tempi fossero un sacco di soldi, a giudicare dallo stupore con cui la cifraĀ Ā  passava di bocca in bocca. Per il servizio di porcellana, la fattura fu diĀ Ā  209.508 dollari, che sembrano tanti ancora oggi.

Che lusso! Dopo gli anni di Jimmy Carter, che compiangeva ilĀ Ā  malessere nazionale e ci raccomandava di ridimensionare le aspettative eĀ Ā  trasportare da soli le nostre valigie, i Reagan irruppero sullaĀ Ā  scena come fautori inconsapevoli della bella vita. I consumi sfrenati erano unaĀ Ā  buona cosa. In America era spuntato finalmente il sole, secondo Reagan, quasi a voler dire che gli anni Sessanta erano davveroĀ Ā  finiti.

All’epoca non lo sapevamo, ma la nascita della nuova specie potrebbe risalireĀ Ā  al 22 settembre del 1982, con la prima puntata di “Family Ties” (in Italia Ā«CasaĀ Ā  Keaton Ā») e l’apparizione di Michael J. Fox nei panni di Alex Keaton, il giovane repubblicano con la ventiquattrore inĀ Ā  mano. A ripensarci, sƬ, Keaton era proprio il proto-yuppie.Ā Ā  Nato in Africa da genitori hippie impegnati in interventi umanitari, Keaton porta la cravatta anche in casa, adora la ricchezza, ilĀ Ā  successo negli affari, Ronald Reagan, e sogna di far carriera aĀ Ā  Wall Street.

La serie conobbe sette stagioni, dall’82 all’89, e illustrò una stranaĀ Ā  inversione culturale in cui una nuova generazione conservatrice accantonavaĀ Ā  tutti i valori liberali dei padri. Gli ideatori della serie, invece, intendevanoĀ Ā  focalizzare l’attenzione sui genitori, ma il giovane repubblicano ben presto siĀ Ā  accaparrò le luci della ribalta. Se sulle prime Keaton potevaĀ Ā  apparire un’anomalia, nel giro di brevissimo tempo si trasformò nell’avatarĀ Ā  dello Zeitgeist.

Ā«Chi sono tutti questi tipi ambiziosi, con leĀ Ā  bottigliette d’acqua firmata, scarpette da corsa, parquet anticato eĀ Ā  appartamenti da mezzo milione di dollari in quartieri degradati?Ā» chiedeva laĀ Ā  rivista Time il 9 gennaio del 1984. Ā«Gli yuppiesĀ», ci veniva spiegato, Ā«siĀ Ā  dedicano al duplice obiettivo di fare un mucchio di soldi e di raggiungere laĀ Ā  perfezione, grazie alla cura del fisico e della mente, con palestra eĀ Ā  psicoanalisiĀ» (…).

LA COCAINA, DROGA SIMBOLO DI UN’EPOCA
Come gli hippie,Ā Ā  gli yuppies erano anch’essi figli del dopoguerra, pronti a ribellarsi contro iĀ Ā  genitori. Ma gli yuppies non rifiutavano tanto la politica dei padri, quanto iĀ Ā  loro gusti e le restrizioni finanziarie. Gli yuppies erano apolitici. VivereĀ Ā  nelle metropoli, per loro una condizione essenziale, era forse la reazione alleĀ Ā  periferie, dove molti erano cresciuti.

L’epicureismo di cui andavano fieri rinnegava probabilmente i cibi pronti, inĀ Ā  scatola o surgelati, della loro infanzia. E in quanto ad ambizioni, beh, le BmwĀ Ā  e i loft da 450 metri quadrati non costavano certo poco, nemmeno nel 1984. MaĀ Ā  ovviamente si trattava di ben altro, malgrado le caricature, poichĆ© l’etica delĀ Ā  far sempre di più e sempre meglio si estendeva anche al campo fisico. SembraĀ Ā  incredibile, ma nel 1979 c’erano davvero pochissime palestre a Manhattan.

Il mio primo romanzo, “Le mille luci di New York”, fu pubblicato nelĀ Ā  settembre del 1984, anche se ambientato qualche anno prima, in una New York più   sporca e meno ricca. Quale non fu la mia sorpresa quando il Wall Street JournalĀ Ā  mi definƬ portavoce degli yuppies.

Il protagonista del romanzo ĆØ un anonimo impiegato e aspirante scrittoreĀ Ā  sempre sull’orlo della povertĆ , ma se non vado errato non mangia pesce crudo. IlĀ Ā  suo miglior amico, Tad Allagash, ĆØ più simile a uno yuppie, unĀ Ā  pubblicitario con accesso a tutti i posti giusti, un ragazzo dei quartieri altiĀ Ā  che bazzica anche in quelli bassi. E i due insieme sniffano cocaina, conosciutaĀ Ā  come Ā«Polvere boliviana per la marciaĀ», che sarebbe diventata la drogaĀ Ā  emblematica degli anni Ottanta, come l’Lsd lo era stato per i Sessanta.

Per un breve periodo, la cocaina era parsa la droga perfetta per i giovaniĀ Ā  brillanti e ambiziosi. Tutti sapevano che l’eroina provoca assuefazione e che leĀ Ā  anfetamine uccidono, ma la cocaina sembrava innocua. Ti aiutava a star sveglioĀ Ā  di notte, e anche il giorno dopo, e se ti sentivi un po’ giù, ti rimetteva inĀ Ā  sesto meglio di un caffĆØ doppio. Un amico mi fece notare nel Village Voice
l’annuncio di un’associazione chiamata Cocaina Anonimi. La scoperta provocò   grande ilaritĆ .

Era come se ci fossimo imbattuti in una pubblicitĆ  per Soldi Anonimi, oĀ Ā  Caviale Anonimi. (A quei tempi, l’idea dei sessodipendenti ci avrebbe fattoĀ Ā  stramazzare a terra dalle risate). Semplicemente, non credevamo fosse possibileĀ Ā  esagerare con una sostanza talmente congeniale. In parte, questo dipendeva dalleĀ Ā  nostre limitate risorse, dato che tutti gli amici del mio giro lavoravano nelĀ Ā  campo artistico ed editoriale, assai poco remunerativo. Non potevamo permetterciĀ Ā  quantitĆ  esagerate. Ma anche chi poteva, pensava di aver scoperto il segreto delĀ Ā  moto perpetuo.

A causare la morte di John Belushi, nel 1982, era stataĀ Ā  l’eroina, ci ripetevamo, non la cocaina, anch’essa presente nella tremendaĀ Ā  miscela che gli aveva stroncato il cuore. Sarebbe trascorso quasi l’interoĀ Ā  decennio prima di renderci conto che anche con la cocaina c’era un limite. PerĀ Ā  qualche motivo, eravamo sicuri che non ci sarebbero stati conti in sospeso daĀ Ā  pagare.

E all’improvviso, la coca era dappertutto: a Wall Street, MadisonĀ Ā  Avenue, Seventh Avenue.
La coca ĆØ stata la metafora perfetta per laĀ Ā  cultura del consumo incontrollato, una cultura fondata sul credito e convintaĀ Ā  che sia possibile rimandare all’infinito ogni conseguenza spiacevole. La cocainaĀ Ā  ĆØ letteralmente un cane che si morde la coda: in nessun momento si raggiunge maiĀ Ā  la pienezza, la realizzazione, in rapporto al consumo dell’esatto numero diĀ Ā  righe. La soddisfazione ĆØ sempre dietro l’angolo, una riga più avanti.

Ed ĆØ stato cosƬ che molti di noi hanno imparato che tutto quello che va su,Ā Ā  prima o poi torna giù, una lezione ribadita il 19 ottobre del 1987, con il tonfoĀ Ā  della Borsa americana dopo un lungo periodo di rialzi pazzeschi. Qualche meseĀ Ā  dopo quel LunedƬ Nero, Newsweek dichiarò che gli yuppies erano ormai estinti eĀ Ā  da allora vari commentatori ne hanno stilato il necrologio. Il più sconvolgenteĀ Ā  ĆØ stato un romanzo dal titolo American Psycho, pubblicato nel 1991 da Bret Easton Ellis, in cui il commiato al materialismo diĀ Ā  quell’era ĆØ talmente esauriente da apparire definitivo.
PatrickĀ Ā  Bateman ĆØ il super- yuppie, con in più l’hobby della tortura e delĀ Ā  delitto. I suoi gusti sono impeccabili, e il buon gusto ĆØ appunto prerogativa diĀ Ā  questa specie.

Se qualcuno chiede, come ha fatto di recente mio figlio, Ā«Che cos’ĆØ unoĀ Ā  yuppie?Ā», basta gettare uno sguardo a Bateman: Ā«Ho sudato comeĀ Ā  un pazzo in palestra dopo aver lasciato l’ufficio, ma la tensione ĆØ tornata,Ā Ā  allora faccio 90 addominali, 150 piegamenti e poi corsa sul posto per ventiĀ Ā  minuti mentre ascolto il nuovo cd di Huey Lewis. Una docciaĀ Ā  calda e subito dopo applico sul viso il nuovo scrub dermolevigante Caswell-Massey e spalmo sul corpo il tonificante Greune, poiĀ Ā  l’idratante Lubriderm e per finire la crema addolcente per il viso Neutrogena.Ā Ā  Sono in dubbio tra due completi: giacca-pantaloni in crepe di lana BillĀ Ā  Robinson comprato da Saks, con la camicia di cotone stampato CharivariĀ Ā  e la cravatta Armani. Oppure giacca sportiva in lana e cashmere a quadri blu,Ā Ā  camicia di cotone e pantaloni di lana con la piega AlexanderĀ Ā  Julian, con una cravatta Bill Blass di seta a poisĀ».

GLI YUPPIES DI OGGI
Con PatrickĀ Ā  Bateman, Ellis aveva creato il gemello malvagio di Alex Keaton, ormai adulto, l’uomo che crede di più a unĀ Ā  completo Armani che alla persona che lo indossa. Fusioni e acquisizioni? OmicidiĀ Ā  ed esecuzioni? Facili da confondere, come lo sono gli amici, amanti, colleghi eĀ Ā  vittime di Patrick, tutti pressochĆ© intercambiabili.

Per quanto il termine richiami alla mente gli anni Ottanta, lo yuppie non ĆØĀ Ā  stato ancora consegnato alla storia. Nel 2000, David Brooks haĀ Ā  cercato di raffinare il concetto, creando il Ā«boboĀ» (bourgeois bohĆ©mien) perĀ Ā  descrivere un consumatore presumibilmente più illuminato, capace di abbinareĀ Ā  agli interessi personali degli anni Ottanta l’idealismo liberale di un’eraĀ Ā  precedente; i riferimenti agli yuppies stanno a indicare invece una sottospecieĀ Ā  più grezza.

Nel frattempo, dall’albero genealogico della famiglia yuppie ĆØ spuntato unĀ Ā  nuovo ramo, l’hipster. Gli hipster sono convinti di essere gli anti-yuppies perĀ Ā  eccellenza. A differenza dei loro antenati, non vogliono farsi conoscere per laĀ Ā  professione o l’ambizione, bensƬ per l’indifferenza verso entrambe. In questoĀ Ā  sottogruppo, il culto della competenza e del buon gusto ĆØ ancor più esasperato.Ā Ā  Il loro codice, illustrato con sferzante ironia nel “Manuale dell’hipster” da Robert Lanham, pubblicato nel 2003, ĆØ fondamentalmente elitistaĀ Ā  e in controtendenza rispetto alla moda.

Il consumismo hipster ha valorizzato tutto ciò che ĆØ alternativo e autonomo,Ā Ā  scartando le marche predilette dagli yuppies a favore delle proprie. Allora eccoĀ Ā  ricomparire le vecchie magliette, a rimpiazzare le camicie eleganti TurnbullĀ Ā  & Asser da portare con il colletto aperto, e la birra Pabst Blue Ribbon haĀ Ā  scavalcato lo chardonnay. Ma alla fine, che vi piaccia o meno Starbucks, unaĀ Ā  societĆ  in cui veniamo identificati per la scelta dei jeans e del caffĆØĀ Ā  rispecchia molto di più Alex Keaton che AbbieĀ Ā  Hoffman (…).

Esiste ancora probabilmente qualche manipolo di operai sindacalizzati aĀ Ā  Brooklyn e nel Queens, che tracannano birra e se la ridono di chiunque frequentiĀ Ā  una palestra o vada a chiedere un caffĆØ in un locale che non sia la latteriaĀ Ā  dell’angolo, ma in generale la cultura yuppie si ĆØ tramutata nella culturaĀ Ā  comune, se non nella realtĆ , quanto meno nelle intenzioni. I baccelli degliĀ Ā  alieni hanno invaso il mondo. L’ideale della raffinatezza, la venerazione delleĀ Ā  grandi marche e dei capi griffati, il culto della perfezione fisica attraversoĀ Ā  ginnastica e chirurgia, vi sembrano forse le pittoresche abitudini di un clanĀ Ā  ormai estinto?

Lascia un commento

Enomisossab
Panoramica privacy

Questo sito Web utilizza i cookie in modo che possiamo fornirti la migliore esperienza utente possibile. Le informazioni sui cookie sono memorizzate nel tuo browser ed eseguono funzioni come riconoscerti quando ritorni sul nostro sito Web e aiutare il nostro team a capire quali sezioni del sito Web trovi più interessanti e utili.