In principio fu una trasmissione notturna di Radio3.
Poi una musicassetta portata in giro, per concerti, a metĆ anni ’90.
Quella canzone di Murru è una delle più belle, e meno stereotipabili, del decennio.
Nel 2022, dopo averla meditata per “O” quattro anni prima, si decise di interpretarla.
Una linea e una pulsazione di basso, col synth, suonato da Fabrizio Naniz Barale, il tutor di sardo – Paola Chessa – che ci semplificava la visione complessiva del canto.
Che scorreva limpido, scuro e poi cristallino, veleggiando sopra significato e significante del testo: in questo caso, il significato, più che un sassolino è una caramella in bocca al significante.
Un brano (visionario) che doveva essere cantato.
“Il sardo di “Luxi de is navigantis” ĆØ un bel campidanese standard: dove la X di LUXI si legge J del francese ‘jeu’.
La IS nel plurale ĆØ puro latino volgare precipitato sull’Isola, a sud. ‘Arrubio’ ĆØ catalano: la radice preponderante su cui si appoggia il campidanese rispetto al logudorese del nord, molto più latino e castigliano.
Si sente l’uso schietto della pronuncia e i suoni tronchi che rendono la lingua dolce, nostalgica e tesissima.”
(Paola Chessa)
Dei “Canti del Salmone” ĆØ l’unica canzone (rimasta) e collega la catramatura post moderna di Fingerle a quella metropolitana di Cattaneo, volando sospesa – a mezz’aria sopra il mare.
Ha il video, filmico, di una fotografa (Francesca Barbero) che ferma l’attimo, lo incolla sui muri di casa, e poi lo fa affondare nell’acqua salata.
“Mama misteriosa / Mama arrubiu e’rosa / Mama disperada / Mama de preghieras
Noi ia bollit chi tui tengi luxi ‘e diamanti po is navigantis
Mama gloriosa / Mama e isposa / Mama immaculada / Mama de preghieras
Noi ia bollit chi tui tengi luxi ‘e diamanti po is navigantis”
Marcello Murru

