SINAPSI “O” (0)

SINAPSI “O” (0)

“O” ha la forma e la sostanza di un dispositivo.
Un agglomerato di linee che si intersecano, sviluppano istmi e creano
partiture temporanee.
I sette brani sono sequenze che portano alla fine attraverso un’orchestra minimale: voce (voci), campionamenti e drumbit.
Un album che racconta – attraverso la vocalità – lo scarto (decisivo) dell’Antropocene, l’esperienza umana, partendo dall’essenza: l’Ossigeno.
E lo fa utilizzando materiali di seconda mano (..): una drum machine online e una batteria di sample.

Otto Piene “Fire and Ice Core” 1978

L’immaginario di “O”, in sette fasi, materializza la crisi di un pianeta cannibalizzato, mangiato, dall’abitante più evoluto di tutti.
Talmente altro, dal resto delle specie animali, da sembrare alieno nel mondo che ha invaso come una metastasi.
Il tema dell’astronave, che ha portato l’uomo sulla terra o che lo porterà via, è uno dei bordoni chiave, con i dati scientifici (tecnici)
sullo stato del pianeta.
Il sottotesto è continuo, felicemente ossessivo, nelle liriche (che sono formule chimiche, i livelli di CO2, statistiche alimentari, un cut up
oncologico, i fonemi di un fumetto) e nei campionamenti che contengono informazioni (in più).

Otto Piene “Feuer” 1972

La voce è l’ologramma tridimensionale di un attore che si esprime riproducendo timbri e colori diversi, le sfumature e il suono del non detto.
Ultimo capitolo di una (specie di) tetralogia – sulla voce (estesa) come letteratura – cominciata con “La Merce Perfetta”, “O” esplora gli
armonici dell’ugola, al pari di un sax o di un violoncello, riprocessando i segnali – centinaia – catturati a mo’ di satellite e li suona.
Presenta i metalli della voce, appoggiandoli alle note del tappeto musicale: il canto di estensione parallelo alla voce interiore che
cerchiamo di riprodurre.

Otto Piene “Rainy May” 1976

La chiusura del cerchio, O è simbologia pure di quello, sono gli ultimi due numeri (“Ematuria” e “Congedo”).
Soprattutto l’epilogo, che interpreta con la voce una poesia (di Elsa Morante) per finire il viaggio.
Da una parte, forse il momento tecnicamente più importante dei quattro dischi, dall’altra, di sicuro, la riduzione della storia umana a una
semplice unità dell’esistenza.
L’uomo, un animale sociale che comunica in mille modi diversi col prossimo, rimane un individuo e basta.
L’aver abitato, colonizzato, la terra non ne modifica la sorte: del terzo pianeta del sistema solare, l’umanità non ne capisce l’essenza.
Così come il suo (?) mondo dimenticherà subito il suo passaggio.
Irrilevante.

Otto Piene “Feuerorgel” 1972