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Sull’autostrada Torino-Savona, dalle parti di Lesegno, si vede quella casa ritratta sulla copertina del disco; addobbata così, dal proprietario, per ringraziare il cielo (..).
A seconda della luce appare di cattivo gusto oppure minacciosa e bellissima.
Trattasi di un’opera d’arte contemporanea più o meno inconsapevole: ha una veridicità, una bellezza selvaggia, folle, che ti riconcilia (per qualche secondo) con le installazioni umane.
Abituati al marketing warholiano, agli Hirst (“Il Michelangelo della tassidermia” per Marc Fumaroli), comprendi che l’intuizione geniale, la scapigliatura, sta altrove.
Ho dato a un fotografo (Emanuele Parisi aka Mrminio) il compito, per nove mesi, di scattare sequenze sempre nelle stesse posizioni.
Ne ho viste, prima di selezionarle, centinaia e centinaia…
L’altro luogo, ritratto nella confezione interna, è un manicomio abbandonato nei pressi di Torino: sono di un giovane fotografo alessandrino, Francesco Rebuffo.
Quando le vidi, fanno parte di un lavoro sugli spazi in decadenza, capii subito che sarebbero state perfette con le altre immagini.
Perchè ribaltano e confondono le prospettive: esattamente ciò che faccio ne “La merce perfetta” con la voce e la musica.
In molti, tra coloro che apriranno l’album, crederanno che sono lo stesso posto…
Mrminio dice: “Il primo ricordo è tale, quindi nessuno scatto digitale. Era notte fonda e tornavo in autostrada, il bagliore segnava l’orizzonte con un fare piuttosto cupo. Solo avvicinandomi intuii la forma della croce e di getto mi vennero in mente le croci in fiamme del Ku Klux Klan e gli incappucciati bianchi…Sono rimasto sempre scosso da quella visione.
Poi è iniziata l’idea della sequenza, un anno, quattro stagioni: ne ho scelta una per stagione e corrispondono…”